Racconto per ragazzi di Luis Sepúlveda, ancora più famoso in Italia per "Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare", uno dei libri più letti negli ultimi anni.
mercoledì 25 ottobre 2017
Storia di una lumaca che scoprì l'importanza della lentezza
Racconto per ragazzi di Luis Sepúlveda, ancora più famoso in Italia per "Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare", uno dei libri più letti negli ultimi anni.
giovedì 19 ottobre 2017
A proposito di Libriamoci, vi consiglio Cipì
Vi propongo la lettura del libro di Mario Lodi "Cipì" adatto a piccoli scolari di seconda classe.
Ho preparato un apparato didattico: una scheda per ogni capitolo.
Ciascun bambino costruirà il suo quaderno.
Noi lo realizzammo utilizzando un quadernone dove incollare le schede in fotocopia, ogni bambino rispondendo alle domande, di fatto svolgeva un riassunto del capitolo ed infine lo illustrava in modo personale. Un successo!
lunedì 16 ottobre 2017
Piccole cose di scuola: Il giorno dei morti di A. Camilleri
I miei scolari di quinta hanno molto apprezzato.
Eccitati, sudatizzi, faticavamo a pigliare sonno: volevamo vederli, i nostri morti, mentre con passo leggero venivano al letto, ci facevano una carezza, si calavano a pigliare il cesto. Dopo un sonno agitato ci svegliavamo all’alba per andare alla cerca. Perché i morti avevano voglia di giocare con noi, di darci spasso, e perciò il cesto non lo rimettevano dove l’avevano trovato, ma andavano a nasconderlo accuratamente, bisognava cercarlo casa casa. Mai più riproverò il batticuore della trovatura quando sopra un armadio o darrè una porta scoprivo il cesto stracolmo. I giocattoli erano trenini di latta, automobiline di legno, bambole di pezza, cubi di legno che formavano paesaggi. Avevo 8 anni quando nonno Giuseppe, lungamente supplicato nelle mie preghiere, mi portò dall’aldilà il mitico Meccano e per la felicità mi scoppiò qualche linea di febbre.
I dolci erano quelli rituali, detti “dei morti”: marzapane modellato e dipinto da sembrare frutta, “rami di meli” fatti di farina e miele, “mustazzola” di vino cotto e altre delizie come viscotti regina, tetù, carcagnette. Non mancava mai il “pupo di zucchero” che in genere raffigurava un bersagliere e con la tromba in bocca o una coloratissima ballerina in un passo di danza. A un certo momento della matinata, pettinati e col vestito in ordine, andavamo con la famiglia al camposanto a salutare e a ringraziare i morti. Per noi picciliddri era una festa, sciamavamo lungo i viottoli per incontrarci con gli amici, i compagni di scuola: «Che ti portarono quest’anno i morti?». Domanda che non facemmo a Tatuzzo Prestìa, che aveva la nostra età precisa, quel 2 novembre quando lo vedemmo ritto e composto davanti alla tomba di suo padre, scomparso l’anno prima, mentre reggeva il manubrio di uno sparluccicante triciclo.
Insomma il 2 di novembre ricambiavamo la visita che i morti ci avevano fatto il giorno avanti: non era un rito, ma un’affettuosa consuetudine. Poi, nel 1943, con i soldati americani arrivò macari l’albero di Natale e lentamente, anno appresso anno, i morti persero la strada che li portava nelle case dove li aspettavano, felici e svegli fino allo spàsimo, i figli o i figli dei figli. Peccato. Avevamo perduto la possibilità di toccare con mano, materialmente, quel filo che lega la nostra storia personale a quella di chi ci aveva preceduto e “stampato”, come in questi ultimi anni ci hanno spiegato gli scienziati. Mentre oggi quel filo lo si può indovinare solo attraverso un microscopio fantascientifico. E così diventiamo più poveri: Montaigne ha scritto che la meditazione sulla morte è meditazione sulla libertà, perché chi ha appreso a morire ha disimparato a servire.
Una leggenda dal Giappone: “La leggenda del crisantemo”
In una casetta del bosco vivevano una mamma e una bambina. Intorno alla casetta sbocciavano bellissimi fiori; quando giunse la brutta stagione, tutti i fiori appassirono. Solo uno era rimasto alla bimba, perché ella lo aveva conservato in casa. Un giorno la mamma della bimba si ammalò gravemente; allora colse il fiore e l’offrì alla Madonna, perché facesse guarire la sua mamma.
Mentre pregava sentì una voce: "La tua mamma vivrà tanti anni quanti sono i petali del fiore che mi hai donato!" La bimba contò i petali del fiore e vide che erano pochi; allora per amore della mamma, ridusse i pochi petali in tante striscioline. Così i petali divennero molti e la mamma visse per tanti anni.
Nacque così il crisantemo, il fiore dai mille petali.
Secondo una nota tradizione, la frutta di Martorana è nata perché le monache del monastero della Martorana, dovendo ricevere la visita del vescovo ed essendo il giardino spoglio di frutti, vista la stagione autunnale, per sostituire i frutti ne crearono di nuovi con farina di mandorle e zucchero, per abbellire il monastero. Ecco da qui la tradizione di preparare questi dolcetti per i morti.
martedì 10 ottobre 2017
Piccole cose di scuola: I giochi di una volta!
Riporto in alto questo post.
Cominciando le piogge non sempre possiamo portare gli scolari negli spazi esterni e non tutte le scuole hanno una palestra coperta. Bisogna industriarsi allora...
Con i miei scolari è stato un successo!