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lunedì 2 novembre 2015

Il giorno dei morti di A. Camilleri

Bambini, dato che vi è piaciuta la favola di Camilleri Magarìa, vi posto un altro suo racconto.
Poi mi direte se vi è piaciuto e se conoscevate queste tradizioni

ANDREA CAMILLERI CI RACCONTA: "IL GIORNO DEI MORTI"

Fino al 1943, nella nottata che passava tra il primo e il due di novembre, ogni casa siciliana dove c’era un picciliddro si popolava di morti a lui familiari. Non fantasmi col linzòlo bianco e con lo scrùscio di catene, si badi bene, non quelli che fanno spavento, ma tali e quali si vedevano nelle fotografie esposte in salotto, consunti, il mezzo sorriso d’occasione stampato sulla faccia, il vestito buono stirato a regola d’arte, non facevano nessuna differenza coi vivi. Noi nicareddri, prima di andarci a coricare, mettevamo sotto il letto un cesto di vimini (la grandezza variava a seconda dei soldi che c’erano in famiglia) che nottetempo i cari morti avrebbero riempito di dolci e di regali che avremmo trovato il 2 mattina, al risveglio.
Eccitati, sudatizzi, faticavamo a pigliare sonno: volevamo vederli, i nostri morti, mentre con passo leggero venivano al letto, ci facevano una carezza, si calavano a pigliare il cesto. Dopo un sonno agitato ci svegliavamo all’alba per andare alla cerca. Perché i morti avevano voglia di giocare con noi, di darci spasso, e perciò il cesto non lo rimettevano dove l’avevano trovato, ma andavano a nasconderlo accuratamente, bisognava cercarlo casa casa. Mai più riproverò il batticuore della trovatura quando sopra un armadio o darrè una porta scoprivo il cesto stracolmo. I giocattoli erano trenini di latta, automobiline di legno, bambole di pezza, cubi di legno che formavano paesaggi. Avevo 8 anni quando nonno Giuseppe, lungamente supplicato nelle mie preghiere, mi portò dall’aldilà il mitico Meccano e per la felicità mi scoppiò qualche linea di febbre.
I dolci erano quelli rituali, detti “dei morti”: marzapane modellato e dipinto da sembrare frutta, “rami di meli” fatti di farina e miele, “mustazzola” di vino cotto e altre delizie come viscotti regina, tetù, carcagnette. Non mancava mai il “pupo di zucchero” che in genere raffigurava un bersagliere e con la tromba in bocca o una coloratissima ballerina in un passo di danza. A un certo momento della matinata, pettinati e col vestito in ordine, andavamo con la famiglia al camposanto a salutare e a ringraziare i morti. Per noi picciliddri era una festa, sciamavamo lungo i viottoli per incontrarci con gli amici, i compagni di scuola: «Che ti portarono quest’anno i morti?». Domanda che non facemmo a Tatuzzo Prestìa, che aveva la nostra età precisa, quel 2 novembre quando lo vedemmo ritto e composto davanti alla tomba di suo padre, scomparso l’anno prima, mentre reggeva il manubrio di uno sparluccicante triciclo.
Insomma il 2 di novembre ricambiavamo la visita che i morti ci avevano fatto il giorno avanti: non era un rito, ma un’affettuosa consuetudine. Poi, nel 1943, con i soldati americani arrivò macari l’albero di Natale e lentamente, anno appresso anno, i morti persero la strada che li portava nelle case dove li aspettavano, felici e svegli fino allo spàsimo, i figli o i figli dei figli. Peccato. Avevamo perduto la possibilità di toccare con mano, materialmente, quel filo che lega la nostra storia personale a quella di chi ci aveva preceduto e “stampato”, come in questi ultimi anni ci hanno spiegato gli scienziati. Mentre oggi quel filo lo si può indovinare solo attraverso un microscopio fantascientifico. E così diventiamo più poveri: Montaigne ha scritto che la meditazione sulla morte è meditazione sulla libertà, perché chi ha appreso a morire ha disimparato a servire.
(da Racconti quotidiani di Andrea Cammilleri)

9 commenti:

Giorgia ha detto...

Una cosa che mi ha colpito molto è stata l' ultima parte in cui c'era un bambino
che l' anno prima gli era morto il padre mi ha colpito perché immagino la tristezza
di aver perso un genitore.
Giorgia

Maestra Adele ha detto...



Questo racconto di Andrea Camilleri mi è piaciuto molto perché è un racconto triste ma poi diventa felice nella parte dove i bambini ricevono i regali. SIMONE

Simona ha detto...

Ah! Che bella questa storia, mi fa sentire felice. E' la storia più bella del mondo e poi mi piace perché parla di come si festeggiava all' epoca il giorno dei morti. L'immagine che c'è sul blog mi ricorda qualcosa di familiare, forse l'ho già vista.
Simona.

Valerio ha detto...

A me è piaciuta molto questa storia di Andrea Camilleri d'altronde la maestra ci fa fare sempre cose belle. Nella mia famiglia non si fanno queste tradizioni. A me ha colpito molto la parte in cui quel bambino non aveva più il padre e mi è dispiaciuto molto per lui.
Valerio

Simona ha detto...

Questo testo mi è piaciuto moltissimo perché parla della festa dei morti a me
piace molto la festa dei morti perché i bambini ricevono sempre i dolci. Io questa tradizione la conoscevo.
Simona Levantino

Alessandro ha detto...

A me non è piaciuta la storia di Andrea Camilleri perché era un po' triste perché parlava dei morti. la parte più brutta era quando ho sentito che il padre di un bambino era morto e il figlio stava vicino alla sua tomba. Questa storia mi ha molto commosso.
Alessandro

Maestra Adele ha detto...

Giorgia, Alessandro, avete colto nel testo la parte più triste. Siete molto sensibili e questo vi fa onore.
Ma dato che è un testo realistico, capita di trovare anche argomenti non sempre felici.

Gabriele ha detto...

maestra la storia di A. Camilleri mi ha colpito molto. baci. Gabriele.

Anonimo ha detto...

Maestra il lavoro che abbiamo fatto la scorsa settimana mi è piaciuto molto. Simona Levantino